Febbraio 2021, siamo ancora in piena pandemia, in una delle piccolissime finestre di colore giallo, probabilmente il colore più amato di questa sventurata epoca, faccio ritorno a Venezia; avevo qualche idea in testa, una di queste era il mercato del pesce di Rialto.
Avevo già deciso che sarebbe stata la mia ultima tappa di questa breve visita alla Serenissima, la mia intenzione era arrivare al mercato quando la sua tipica e chiassosa (si fa per dire dato il periodo) vita si fosse quietata, silenzio e solitudine erano lì al posto di frenesia e confusione.
Era pieno pomeriggio, poche, pochissime persone, una piccola bicicletta aspettava il suo padroncino ed il suo babbo, piccoli giri intorno alle colonne del mercato, un gioco tanto bello che trasmetteva un misto di spensieratezza e malinconia; di tanto in tanto qualche figura passava, testa bassa, e niente sorrisi, la mascherina non lo permette.
Figure che entravano in quest’ombra, chi con passi lenti, chi con passi veloci, ma tutti con un solo desiderio, uscire e ritrovare la luce.
Questo breve racconto è dedicato a Venezia ed ai suoi 1600 anni, tanti, e come una vecchia signora sono tanti i suoi acciacchi e le sue debolezze, ma con ancora la voglia di sbalordire.